Storia di un cumulonembo: come nasce, si sviluppa e poi matura.
Di Francesco del Francia
La webcam di Acquapendente o per meglio dire, quello che ha catturato, mi ha dato spunto per questa breve analisi.
Con la stagione più calda ci si deve abituare ai temporali di calore, alle bolle di aria calda che distaccandosi dalle superfici maggiormente riscaldate (quelle dotate di minore potere riflettente) tenderanno a salire verso pressioni via via minori, assumendo il ruolo di vero e proprio innesco per questo genere di fenomeni.
Partiamo subito dalla prima immagine, siamo nelle ore serali quindi sul finire di una tipica giornata volta all’instabilità.In lontananza si scorge dietro ad un cumulo grigio in disfacimento, un piccolo cumulonembo intento a sfruttare l’ultima energia rimasta.
Nel secondo scatto risulta evidente come il piccolo cumulo stia iniziando invece il suo sviluppo verticale.Condizione necessaria allo sviluppo di una nube temporalesca è che sia presente, oltre all’instabilità della bassa atmosfera, anche aria calda in ascesa abbastanza umida.
L’umidità, o per meglio dire il vapore acqueo, contribuisce da un lato alla formazione delle innumerevoli goccioline che si trovano in queste strutture, dall’altro fornisce una ulteriore spinta garantendo lo sviluppo del cumulonembo sino alla quota di 10000/12000 metri. Questo perché la condensazione libera calore, scaldando letteralmente la nube. Questa arresterà la propria vertiginosa salita solo quando avrà terminato l’energia fornita dal calore latente di condensazione.
Arrivati a questo punto è giusto introdurre le correnti che determinano la progressiva crescita della colonna d’aria. La nuvola appena formata intorno ai 1000/2000 metri è alimentata da aria calda e umida proveniente dal suolo chiamata “inflow”.Arrivati a questo punto è giusto introdurre le correnti che determinano la progressiva crescita della colonna d’aria. La nuvola appena formata intorno ai 1000/2000 metri è alimentata da aria calda e umida proveniente dal suolo chiamata “inflow”.
Proviamo quindi ad immaginare queste due correnti, una proveniente dal basso e l’altra lateralmente aiutandoci con il terzo scatto.
Analizziamo ora le correnti ascendenti interne alla nube che vengono chiamate “updraft”. Solitamente assumono, nei temporali standard, valori intorno ai 6/9 metri al secondo, mentre nei fenomeni più intensi possono addirittura superare i 18/20 metri al secondo.
Il quarto scatto evidenzia la quasi totale maturazione del piccolo cumulonembo.
Se ci trovassimo dinnanzi ad una struttura più grande ed organizzata, non il piccolo cumulonembo in questione troppo isolato e comparso solo quando le energie in gioco risultavano irrisorie, sarebbe opportuno parlare delle goccioline e del loro accrescimento grazie alle correnti interne.Infatti anche a quote potenzialmente molto rigide, le goccioline rimangono allo stato liquido sino ai 6000/7000 metri (grazie al fenomeno della sopraffusione).
Superata questa soglia la quasi totalità delle gocce si è trasformata in piccolissimi cristalli di ghiaccio ed inizia il processo che riassumiamo in questi punti:
- Ascensione verso la sommità della nube ed ingrossamento dovuto ai contatti con le altre goccioline o cristalli;
- Dal top della nube le particelle ridiscendono sino ad una quota intorno ai 6000 metri dove le correnti ascensionali prevalgono e le trascinano di nuovo verso l’alto. Il processo continua sino a che l’ingrossamento non risulti tale da non permettere alle correnti di sorreggere più le gocce che usciranno dalla base della nube sotto forma di pioggia, spesso con un diametro rilevante.
Non ci rimane che analizzare l’ultimo scatto che evidenzia la completa maturazione della nuvola e che ci descrive visivamente il processo noto come “outflow” ossia quando la colonna d’aria calda ascendente, esauritasi la sua spinta, tende a fuoriuscire orizzontalmente dalla sommità della nube facendogli assumere la caratteristica forma ad incudine.
Viene inoltre stimato che circa il 50% della totalità delle precipitazioni formatesi all’interno del cumulonembo evaporino prima di raggiungere il suolo.Ecco quindi che entra in gioco una ulteriore corrente chiamata “downflow” prodotta dal raffreddamento da evaporazione e che giunge al suolo insieme alla pioggia sotto forma di freddi venti discendenti.