Monti Cimini: la nevicata del 26 febbraio 2018
Reportage dai Monti Cimini: scopriamo gli effetti dell’ondata di gelo siberiano sui rilievi più alti del viterbese!
di Nicholas Fanicchia
Dopo una notte passata in bianco (in tutti sensi), tra il nowcasting (segnalazioni in diretta) e l’emozione del momento, il pomeriggio di lunedì 26 febbraio 2018, dopo una mattinata passata tra una spalata di neve e una misurazione nivometrica, io e il mio collega-amico Claudio Fornari abbiamo deciso di prendere la macchina e fare quello che noi meteo-appassionati chiamiamo “nivotour”, cioè andar di qua e di là nei luoghi colpiti dalla nevicata per fare foto, misurazioni e provare quel brivido nel vedere quell’ammasso di “acqua congelata” che alla solo vista ci fa tornare bambini. In particolare, questo nivotuor prende l’appellativo di “cimino”, in quanto si districa tra i meravigliosi scenari dei Monti Cimini, nella Tuscia Viterbese, a due passi di Viterbo.
Coperti alla bell’è meglio, viste le temperature quasi polari, abbiamo iniziato il nostro giro da Ronciglione, cittadina posta nel versante sud dei suddetti monti, per dirigerci verso nord e per assistere al primo spettacolo di madre natura, ovvero alla vista del Lago di Vico, contornato dai noccioleti innevati che si inerpicano sui bordi della caldera vulcanica e dalla maestosa presenza del Monte Venere. Saremo passati centinaia di volte da quel punto, posto a 550 metri sul livello del mare, ma il solo cambio di tonalità con l’aggiunta del bianco ai “soliti” verde, giallo e marrone ci fa rimanere a bocca aperta.
Ma la missione scientifica da meteo-appassionati la fa subito da padrone, facendoci tornare con i piedi per terra e mettendo da parte i sentimenti: è ora infatti di misurare i primi accumuli e prendere atto di come non sia per nulla semplice, visto la numerosa presenza degli accumuli eolici. Questi ultimi si verificano quando il forte vento convoglia tutta la neve caduta in un unico punto, magari concavo e riparato da un ostacolo, così da far risultare accumulata più neve di quella solamente fioccata dal cielo. In località San Rocco, nel comune di Caprarola, l’altezza di queste particolari forme arriva addirittura oltre i 70 cm, arrivando quasi a coprire i segnali stradali e facendo felici alcuni bambini che li hanno trasformati in efficaci rampe per i loro slittini. Felici loro, insoddisfatti noi, visto che gli accumuli eolici rendendo falsate le misurazioni ufficiali!
Decidiamo quindi di proseguire e di dirigerci verso il Monte Cimino, il più alto rilievo della provincia viterbese con i suoi 1053 m, curiosi di quanta neve potesse aver fatto lassù, viste le ottime precipitazioni in collina e soprattutto pianura. La strada per arrivarci non è difficoltosa, anzi, dopo il passaggio dello spazzaneve in mattinata risulta essere una lingua di asfalto nero che si snoda tra i maestosi boschi cimini, in mezzo ai rami carichi ancora di neve e agli accumuli a bordo strada che si fanno sempre più corposi. Quello che ci sembra di attraversare, però, non è un territorio laziale, bensì trentino, di alta montagna, di quelli da sogno che si vedono qualche volta nei film oppure nei documentari. Sarà che non siamo abituati a questi panorami, ma in particolare sulla provinciale Canepinese lo spettacolo è assicurato. Complice anche un sottile strato di neve residuo sulla strada e il poco traffico veicolare, la mente ci trasporta subito in quei luoghi tanto agognati da noi “freddofili” e “nevofili”, scattando foto a raffica e riempiendo la memoria del cellulare di Claudio, sempre pronto vicino a me a catturare ogni particolare.
Pian piano ci avviciniamo quindi al nostro obiettivo, che vediamo lì, all’orizzonte, bianco e puntinato di marrone scuro, visto la rigogliosa copertura di faggi che lo ricopre. Arrivati al bivio per la faggeta e percorsi pochi kilometri, siamo al tempo stesso stupiti e dubbiosi: ma siamo al Monte Cimino o al Monte Amiata? Forse al Terminillo … una marea di gente sembra comporre un infinito pellegrinaggio lungo la strada, manco fosse un impianto sciistico di rinomata importanza (neanche di minima direi, visto che sul Cimino manca ogni tipo di attrezzatura del genere!). Ci fermiamo alla struttura per ora abbandonata del cosiddetto “Ostello della Gioventù”, che sembra essere il polo attrattivo di tutti questi visitatori, vestiti come veri e propri sciatori con tanto di tuta, guantoni e occhiali a specchio (alla faccia nostra e soprattutto di Claudio, vestito con “soli” jeans e calzamaglia!). Ma anche noi facciamo la nostra figura, poiché mentre quest’ultimi sono intenti a farsi foto e video da pubblicare sui social, da bravi meteo-appassionati provvediamo subito a riportare gli accumuli nevosi in una zona non eolica, con tanto di metro per esser più precisi possibili. Prima di proseguire oltre, una piccola e doverosa sosta per contemplare il panorama che si apre sotto di noi: vista a 180° sulla Valle del Tevere, tagliata a metà dalla superstrada Viterbo-Orte-Terni e punteggiata di qua e di là da tutti quei paesi che conosciamo a menadito. Sotto di noi, infatti, riconosciamo subito Soriano col suo castello, poi Canepina con lo stadio comunale tra gli alberi, Fabrica di Roma e la sua torre medievale e l’inconfondibile forma del Monte Soratte, a fatica, sullo sfondo, vista la presenza di una sottilissima nebbiolina che impedisce la vista fino agli Appennini nelle giornate adatte.
Prima di tornare in macchina a scaldarci con il riscaldamento al massimo (in quel momento temperatura vicino ai -6°, resa ancora più pungente dall’ombra che ricopriva l’intera zona) c’è tempo per un’ultima curiosità: un pezzo di permafrost (terreno congelato) appare ai nostri occhi, sintomo della singolare ondata di freddo siberiano che sta invadendo la nostra penisola e le nostre terre in questi giorni di fine inverno.
Partiti di nuovo, nonostante qualche preoccupazione per la non riuscita dell’opera prefissata (neve ancora sui tornanti in salita al 13% ed automobile non proprio adatta a questo genere di imprese) alla fine ci siamo, eccoci arrivati … il piazzale della faggeta, quota 970 metri, si apre ai nostri occhi, chiaramente molto diverso da quello che siamo abituati a vedere nelle precedenti visite. Adesso infatti lo troviamo coperto da un omogeneo ed intatto strato di quasi 40 cm di neve fresca, depositatasi qualche ora prima (37 cm per la precisione, che rappresenta il compimento della missione che ci eravamo prefissati e che sarà presa come misurazione ufficiale dell’accumulo sul Cimino).
Trovato difficilmente posto per la macchina, visto il poco spazio a disposizione liberato dallo spazzaneve e le numerose auto dei visitatori (ecco dove aveva parcheggiato tutta quella gente!!!) decidiamo di salire fino in vetta, altitudine 1053 metri, nonostante i -8°C registrati dalla stazione meteo lì ubicata (per chi volesse, visitabile al seguente link http://www.provincia.viterbo.digiteco.c … p?IdStaz=1) e dal forte vento che ci fa gelare le mani e le orecchie! Scalando il sentiero che porta in alto e passando vicino a dei ragazzi intenti a scendere con snowboard, slittini e pezzi di legno improvvisati, finalmente, piano piano, con fatica ma con determinazione arriviamo in cima, sotto la torretta, nel punto più alto del nivotour odierno e dove prendiamo atto che in realtà gli accumuli a quella quota sono ben diversi dai 37 cm prima misurati (per chi fosse curioso, ecco un video da me realizzato appena arrivato in vetta e pubblicato sulla pagina Facebook di Cemer https://www.facebook.com/CEMER.it/).
Dopo aver catturato il momento con varie foto che pubblicheremo man mano nei prossimi giorni, riscendiamo al più presto al piazzale e ci rifugiamo veloci in macchina, termos a manetta e neve su tutti i vestiti, soddisfatti per i bei scenari che ci siamo trovati di fronte ma anche preoccupati per la discesa: è ormai pomeriggio inoltrato, il sole all’orizzonte inizia a tramontare, la neve sulla strada si trasformerà velocemente in ghiaccio … ecco perché abbiamo impiegato meno della metà del tempo per tornare alle quote collinari e per lasciarci alle spalle il “gigante della Tuscia”!
Ultima e doverosa tappa: il punto panoramico sulla S.P. Valle di Vico – zona Deltaplani, una rampa di lancio usata appunto dagli appassionati di deltaplani per lanciarsi in voli meravigliosi dentro la caldera del Lago di Vico. Da lì sopra, abbiamo la possibilità di vedere come la neve abbia completamente ricoperto ogni prato, ogni albero, ogni pendio e ogni pertugio, quasi anche l’acqua del lago stesso. Sulla destra Monte Fogliano, altra altura a noi cara, magari oggetto di un altro nivotour, con alle spalle in lontananza i Monti della Tolfa e subito dietro il Tirreno con il sole che si abbassa sul mare, mentre sotto di noi i noccioleti, fino alla spiaggia ed in fondo i Monti di Bassano, i Monti Sabatini e la campagna romana, che la foschia serale non ci permette di ammirare, ma sicuramente anche lei ricoperta dal soffice velo della dama bianca. Conclusione perfetta di un giro, e di un giorno, come quello odierno. Sono le 18, fa freddo, c’è vento, si sentono i primi sintomi della febbre ormai certa e siamo stanchi morti, ma sicuramente soddisfatti, estasiati ed innamorati di quello che Madre Natura ci ha riservato, che al di là dell’innegabile disagio, a parer nostro, è quanto di più bello ci posso offrire per appagare i nostri sogni di meteo-appassionati. Certo, è vero, forse siamo di parte, ma sfido chiunque ci avesse accompagnato in questo viaggio tra le lande viterbesi a dire che non gli abbia prodotto qualcosina nel profondo del cuore, quello stesso qualcosina che abbiamo provato a raccontarvi io e Claudio con le nostre foto, il video e questo reportage.