2) Meteorologia dinamica – Introduzione parte II
Meteorologia dinamica – Introduzione parte II
di Claudio Giulianelli
Villa San Giovanni in Tuscia (VT), 3o Gennaio 2020 – In questo secondo articolo partiamo riprendendo le equazioni di Eulero.
Facciamo notare da subito che lo studio dei moti atmosferici su larga scala è un problema a geometria sferica. Questo complica la matematica ed in generale lavoreremo in coordinate cartesiane finchè sarà possibile senza commettere grossi errori. Parleremo dunque di venti “sul piano” x,y invece che sulla sfera.
L’equazione sopra in generale descrive l’evoluzione del campo di velocità nel tempo (derivata temporale, primo termine) e la variazione nello spazio (derivate spaziali, secondo termine detto “avvettivo”), evoluzione che dipende solo dai gradienti di pressione e forze esterne. è il caso per esempio di un fiume che scorre dal monte verso il mare sotto la forza di gravità. L’equazione descrive dunque un semplice trasferimento di materia da un capo all’altro. Dire che questa equazione vale in atmosfera vorrebbe dire allora che, essendo maggiore la pressione alle basse latitudini a quota fissata (l’atmosfera ha un’altezza di scala maggiore. O anche coerentemente con la nostra trattazione delle medio-alte quote, si pensi all’altezza geopotenziale) e minore ai poli, dall’equatore l’aria dovrebbe fluire verso i poli costantemente perchè l’attività convettiva equatoriale porterebbe sempre aria in quota che per il gradiente di pressione si riverserebbe sui poli. L’atmosfera dunque con questa equazione dovrebbe essere tutta concentrata sui poli! Ma non abbiamo sbagliato tutto, piuttosto notiamo che a scongiurare questa situazione ci pensa un’altra forza, che è la forza di Coriolis. Se immaginate infatti il flusso simile a un fiume che scorre dall’equatore al polo, e poi ci mettete la rotazione terrestre, questo flusso da sud a nord prende una componente ovest-est (la direzione in cui ruota un punto sulla superficie terrestre), confinando dunque la massa d’aria intertropicale e mantenendo dunque l’atmosfera più alta all’equatore senza che si svuoti e si riversi tutto sui poli. Come sappiamo una circolazione meridionale su larga scala esiste, infatti si parla di “celle” di hadley,di ferrel,e polare. Si tratta comunque di moti medi decisamente più piccoli di quelli zonali, al punto che sulle carte quotidiane della pressione non si riesce a vederli, ma solo facendo una media dei venti su lungo tempo (settimane).
Dobbiamo allora inserire Coriolis in questa equazione. Infatti l’equazione di Eulero sopra scritta vale in un sistema di riferimento inerziale. La Terra non lo è, e dunque pure se l’atmosfera fosse totalmente ferma, un suo punto qualsiasi avrebbe comunque una velocità angolare Ω di rotazione attorno all’asse terrestre. La velocità di un punto della nostra atmosfera sarà data dunque dalla somma di due componenti, una nel sistema di riferimento della terra Vr, e l’altra è la velocità angolare di rotazione:V=Vr+Ωxr. Nell’introdurre questa informazione nella nostra equazione vettoriale, dobbiamo vedere come riscrivere le accelerazioni, le quali compaiono nell’equazione di Eulero. Dunque dovremo fare la derivata temporale di questa nuova velocità, e la derivata di ognuna delle due componenti ci darà altre due componenti dell’accelerazione: vediamo nel dettaglio cosa succede.
Dell’equazione di Eulero,per comodità riassumiamo il membro di sinistra dell’equazione sotto il segno di derivata totale nel tempo (ricordiamo brevemente che essendo il campo di velocità funzione del tempo e delle tre coordinate spaziali,la derivata temporale totale di V sarà senz’altro la somma di derivate parziali di V rispetto al tempo e alle 3 coordinate spaziali, per maggiori dettagli si veda la parte di fluidodinamica). Lo facciamo anche perchè non ci interessa avere esplicito il termine avvettivo. Quindi l’equazione di Eulero è ora così scritta:
se la V è quella sopra V= Vr+Ωxr, le accelerazioni sono le seguenti:
I primi due termini sono l’accelerazione associata alla velocità Vr, per la quale abbiamo una componente sul sistema di riferimento rotante con la terra e un’altra componente dovuta alla rotazione terrestre (Ωxv). Stessa cosa per l’altra velocità, Ωxr. Anch’essa avrà associata un’accelerazione data dalla somma di due contributi.
Verifichiamo subito che il termine ΩxΩxr è molto piccolo, infatti la velocità angolare di rotazione terrestre è dell’ordine di 10 alla potenza -4, e con r (raggio terrestre) dell’ordine di 10 alla 6 tutto il prodotto è dell’ordine di 10 alla -2. Portiamo questo termine all’altro membro e sommato alla gravità (le due accelerazioni agiscono entrambe lungo z), questa accelerazione viene inclusa in g, come piccola correzione. Il risultato finale è il seguente:
(si è esplicitato il segno meno alla gravità in quanto diretta verso il basso)
il termine forzante di coriolis è il 2ΩxV (togliamo il pedice r per comodità sottintendendo che stiamo guardando l’equazione sul sistema di riferimento rotante).
Le nostre equazioni sono quasi riadattate al caso della nostra atmosfera, manca un’ultima osservazione da fare:
in generale nella nostra atmosfera la pressione scende esponenzialmente con la quota, i venti sono prevalentemente sul piano e quindi la colonna d’aria piuttosto stratificata. In sostanza, le velocità verticali sono piccole, ancor più le accelerazioni verticali. Questo non è vero all’interno dei cumulonembi come sappiamo, ma i cumulonembi sono isolati punti della superficie terrestre dove questa condizione non vale, di base l’aria è stratificata, almeno se si guarda la circolazione generale dell’atmosfera. Se dunque prendiamo la terza delle 3 equazioni del vento, possiamo trascurare tutte le accelerazioni verticali: ne viene fuori un equilibrio, noto come equilibrio idrostatico che assumeremo essere sempre valido.
Le equazioni sono ora ulteriormente semplificate:
nell’equazione per la verticale non è stato riportato il termine di coriolis,che come possiamo ben immaginare varia sul piano e non sulla verticale. Questo aspetto sarà più chiaro nel prossimo articolo. La soluzione e discussione dell’equilibrio idrostatico è riportata su un altro articolo.
La relazione che ci interessa dunque è quella delle velocità orizzontali, per studiare la dinamica circolatoria. Guardiamo le due equazioni per il vento in x e y. Notiamo che nel prodotto scalare del vento col gradiente nel termine avvettivo, la velocità verticale compare (ricordiamo che quel prodotto scalare scritto in forma non compatta è una Vx*d/dx+ Vy*d/dy+ Vz*d/dz). Non possiamo trascurare quel pezzo, perchè non è detto che la derivata in z del vento sul piano (indicato col pedice H) sia piccola, potrebbe essere grande abbastanza da rendere la terza componente di quel prodotto scalare grande come gli altri e compensare Vz che è dell’ordine di qualche cm al secondo in una atmosfera stratificata. La derivata del vento orizzontale con la quota, ossia la variazione del vento (sul piano) con la quota, si chiama shear. Lo shear del vento è importante in alcuni fenomeni atmosferici, quando quel termine è grande le celle temporalesche possono essere messe in rotazione con formazione di tornado. Ma lo shear è importante anche in zona tropicale, infatti zone a basso/bassissimo shear (quindi quando il vento varia poco/pochissimo con la quota) sono propense allo sviluppo degli uragani. Da qui partiremo per ricavare importanti elementi di dinamica atmosferica.