2) Fluidodinamica: le equazioni di Eulero
di Emanuele Santinami
Ora è arrivato il momento di iniziare lo studio della Fluidodinamica. In Fisica classica, il punto di partenza per studiare il moto è la Seconda Legge di Newton: F = ma. La forza è proporzionale all’accelerazione.
[Cerchiamo di capire cosa dobbiamo fare: la nostra incognita è la velocità, che è l’integrale dell’accelerazione; nel nostro caso, quello dell’aria (e quindi dell’atmosfera), il campo di velocità (cioè la velocità in ogni punto) rappresenta
proprio il vento, che è proprio ciò di cui abbiamo bisogno per capire il moto delle masse d’aria. Vogliamo ottenere questa informazione in base alle forze che consideriamo. Quindi, manipolando il primo membro (F), dobbiamo integrare il secondo membro (ma) e da lì ottenere la velocità.]
Ora arriva la parte più delicata: avendo scritto l’accelerazione come derivata della velocità, occorre capire da quali variabili dipende. Per rendere quanto più intuitivo possibile questo ragionamento, ora per noi la velocità sarà il vento. Ovviamente, il vento dipende dal tempo: se rimanendo fermo nello stesso punto, può aumentare o diminuire, o cambiare direzione. Inoltre, il vento cambia anche con la posizione: se nello stesso istante di tempo misurassimo il vento nel punto in cui siamo e in un punto di tot metri più a nord, il vento potrebbe cambiare, così come se misurassimo in un punto più ad est di dove siamo, così come se ci spostassimo verticalmente a una certa quota (infatti, ad esempio, generalmente il vento è più forte in quota rispetto al suolo). Per fissare le idee, chiameremo il punto (x0,y0,z0), l’origine, quello in cui siamo; l’asse x va nella direzione sud-nord, dall’origine al punto più a nord che abbiamo considerato; l’asse y va da ovest a est, passando per l’origine; infine l’asse z va dall’origine verso l’alto. Abbiamo ora capito che la velocità non dipende solo dal tempo, ma anche dalla posizione nelle tre direzioni x, y e z. Inoltre, ripetendo lo stesso ragionamento precedente, si può concludere che anche queste variazioni di velocità dovute allo spostamento, a loro volta dipendono anche dal tempo (per esempio, se mi trovo nell’origine (x0,y0,z0) e misuro il vento, e misuro il vento anche in un punto più a nord, (x1,y0,z0), nel corso del tempo il vento in questi due punti può variare).
La derivata di v deve quindi tener conto di tutti questi fattori, non solo della variazione del tempo, e in questi casi viene spesso chiamata come derivata totale, o derivata materiale. La sua espressione matematica è la seguente, abbastanza complicata, e fa uso delle cosiddette derivate parziali, spezzettando la dipendenza spaziale della velocità nelle derivate rispetto a x, a y ed a z.
Faremo uso dell’ultima espressione perché più compatta e comprensibile: la parte di dipendenza dal tempo sta tutta nel primo fattore (che è la derivata parziale rispetto a t), mentre la dipendenza spaziale di v è contenuta nell’espressione tra parentesi (è solo un modo matematico sintetico di condensare quanto scritto sopra, più tardi torneremo sui simboli usati). Sostituiamo nell’equazione questa espressione.
Nel frattempo modifichiamo il secondo membro. Infatti, anche il concetto di forza doveva essere rivisto: la forza è applicata su un punto, e noi abbiamo tante particelle di fluido che esercitano la forza, su ogni parete del cubetto. Risulta conveniente usare allora il concetto di pressione P, definito come P = forza/superficie; invece che valutare singolarmente la forza di ogni particella, se ne considera l’impatto complessivo sulla superficie del cubetto. Sostituendo F = P*Superficie nell’equazione, notiamo che a denominatore c’è il volume.
Un volume è una lunghezza al cubo, la superficie una lunghezza al quadrato. Semplificando, rimane una lunghezza a denominatore
Ora è necessario capire cosa significa il secondo membro, P/l, e come questo abbia un significato fisico. Sappiamo che la natura tende a riequilibrare le cose, per esempio il calore tende a distribuirsi uniformemente in una stanza chiusa, e questo vale anche per la pressione, che tende a distribuirsi da dove ce n’è tanta, a dove ce n’è poca. Questo comportamento dell’aria è intuitivo, anche osservando cicloni e anticicloni: nelle zone di alta pressione (al suolo), l’aria tende ad allontanarsi dal punto di massimo, così come le zone di bassa pressione sono punti che attirano l’aria,
che si attorciglia attorno ad essi e genera le perturbazioni e i fronti a cui siamo abituati. Un altro esempio, ancora più concreto, si ha immaginando di stringere al centro un palloncino riempito d’aria: nel punto in cui si stringe, esercitiamo una pressione sul palloncino e l’aria, privata di quel volume, si concentra alle estremità, scappando dal punto di alta pressione; rilasciando la presa, l’aria delle estremità, che ora ha una pressione maggiore rispetto al centro, si riporta al centro, dove la pressione è minore, riequilibrandosi. Dobbiamo inserire questo concetto nell’equazione, usando espressioni matematiche. Il triangolino con la punta verso il basso è un oggetto matematico chiamato gradiente, ed è un “vettore” che contiene le derivate spaziali.
A parte la sua definizione, il gradiente ha un importante significato fisico: si applica ad uno scalare, ed indica, punto per punto, dov’è massimo questo scalare. Esempio, siamo in una stanza chiusa, e al centro di essa c’è un termosifone acceso. In ogni punto della stanza è possibile misurare la temperatura. Il gradiente di temperatura in un punto, è una freccia che inizia in quel punto e si dirige verso il termosifone. Idealmente, calcolando il gradiente di temperatura in ogni punto della stanza, vedremmo tante frecce che puntano verso il centro, dov’è il termosifone.
Da wikipedia https://en.wikipedia.org/wiki/Gradient#/media/File:Gradient2.svg
Il gradiente ci può essere d’aiuto: se il gradiente di pressione punta da dove c’è poca a dove ce n’è tanta, il meno gradiente di pressione va da dove c’è tanta pressione a dove ce n’è poca, che è ciò che vogliamo. Dopo questo ragionamento fisico, sostituiamo il meno gradiente di pressione a P/l, osservando che anche matematicamente è un’operazione lecita, dato che tutto è dimensionalmente corretto. Infine, per un fatto estetico, possiamo dividere entrambi i membri per la densità rho, portandola a denominatore a destra.
Finalmente, abbiamo scritto la prima equazione dei Fluidi, l’equazione di Eulero. A primo membro c’è l’accelerazione, a secondo c’è la forza, espressa con il meno gradiente di pressione. A occhio, questa equazione ci dice: l’accelerazione, che dipende dal tempo e dalla posizione, è tale che riporti la pressione da dove ce n’è tanta a dove ce n’è di meno.
Rimane da fare un ultimo passo, il successivo: aggiungere le forze di attrito. Questa equazione vettoriale infatti vale per un fluido ideale, e per poter descrivere i fenomeni reali legati alla fluidodinamica non si può tralasciare l’attrito viscoso che fa si che il fluido vada a dissipare costantemente l’energia che usa per mettersi in moto. Le equazioni di Eulero con l’aggiunta dell’attrito viscoso costituiscono le cosiddette equazioni di Navier-Stokes, che costituiscono un parte fondamentale della Fisica. Tali equazioni saranno introdotte nel prossimo articolo.